“Ciò che sta sopra il sepolcro” è questo il significato letterale del termine epitaffio, che deriva dal greco antico.
Anche se, nell’antica Grecia, con epitaffio si faceva riferimento al discorso funebre pronunciato per commemorare il defunto durante la sepoltura.
Diversamente da quello che poi l’epitaffio ha significato nei secoli a venire fino ai giorni nostri.
Oggi, infatti, con il termine intendiamo le frasi o i versi incisi sulla tomba con lo scopo di elogiare e celebrare il defunto.
In realtà, nella storia, molti artisti e personaggi noti hanno composto da sé il proprio epitaffio, trasformando la frase commemorativa sulla lapide in un messaggio per chi avrebbe letto quei pochi e incisivi versi.
NOI ERAVAMO COME VOI, VOI SARETE COME NOI
“Noi eravamo come voi, voi sarete come noi”. All’ingresso di molti cimiteri italiani è inciso questo epitaffio dal significato tanto forte quanto vero.
Messaggio presente in numerose varianti, ma dal senso identico. Come quello scolpito su una tomba al Cimitero del Verano a Roma, che recita “ciò che siamo sarete. Ciò che siete fummo”.
Ciò a conferma che il principale compito dell’epitaffio è veicolare un messaggio per i vivi.
Coloro che passando leggeranno quelle poche parole, probabilmente dedicheranno un pensiero alla provvisorietà della vita nel luogo relegato alla commemorazione della morte.
Dunque, duplice valore per gli epitaffi: rivolgere un tenero pensiero a chi non c’è più e offrire uno spunto di riflessione sull’esistenza e la sua fugacità.
Altro aspetto che l’epitaffio sottolinea è la sua immortalità. Resterà lì indelebile, generazione dopo generazione, a ricordare e a far riflettere.
Così come sono rimaste le parole di Edgar Lee Master attraverso la raccolta di poesie, Antologia di Spoon River, composte sotto forma di epitaffio.
Versi scritti come se fossero i defunti a parlare, a raccontarsi, senza veli e senza timori.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio –
è una barca che anela al mare eppure lo teme.
LA STRAORDINARIA IRONIA DEGLI EPITAFFI
La cosa che sorprende, ma a pensarci bene neanche tanto, è la forte dose di ironia espressa da molti personaggi famosi nei versi del proprio epitaffio.
In fondo, l’ironia è espressione di intelligenza in grado di regalare un sorriso e un senso sugli aspetti contraddittori della vita e forse anche della morte.
Le ultime parole diventano così un insegnamento leggero per chi nel tempo le leggerà scolpite sulla pietra tombale.
Il proprio testamento lasciato a tutti coloro che saranno in grado di coglierlo.
Poi ci sono epigrafi che esprimono a pieno lo spirito sarcastico e scanzonato del defunto.
Come quella di Aldo Fabrizi che lamenta l’arrivo in anticipo della fine “Tolto da questo mondo troppo al dente“.
L’epitaffio di Walter Chiari è un invito ai propri affetti “Amici non piangete, è soltanto sonno arretrato“.
Anticonformista, come la sua esistenza, l’epitaffio di Gianfranco Funari “Ho smesso di fumare”.
EPITAFFI FAMOSI
WERNER HEISENBERG
Il fisico Heisenberg fu tra i fondatori della meccanica quantistica e introdusse il principio di indeterminazione.
Questa premessa è necessaria per poter cogliere il senso e l’ironia del suo epitaffio:
“Giace qui da qualche parte”
CHARLES BUKOWSKI
Decisamente diretto l’epitaffio sulla lapide dello scrittore Charles Bukowski:
“Non provarci!”
Un invito a non provare, ma fare!
PRIMO LEVI
“174517”
Un messaggio forte lasciato attraverso il numero identificativo che i nazisti gli avevano tatuato sul braccio.
Questo è l’epitaffio lasciatoci da Primo Levi: un numero per ricordarci l’orrore della disumanizzazione.
LEONARDO SCIASCIA
“Ce ne ricorderemo, di questo pianeta”
È la frase scelta per la propria lapide da Leonardo Sciascia che ci spiega anche il perché di questa scelta “Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba questa frase di Villiers de l’ Isle-Adam. E così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano»
L’EPITAFFIO DI WISLAWA SZYMBORSKA
Versi scritti per far prendere coscienza, versi per ricordare, versi che fanno sorridere e versi per lasciare il proprio pensiero, come la poesia del Premio Nobel Wislawa Szymborska.
Chiara sin dal titolo “Epitaffio”, è stata scritta cinquant’anni prima della morte della poetessa, avvenuta nel 2012, e, tratto curioso, non è stata apposta sulla sua lapide.
Qui giace come virgola antiquata
l’autrice di qualche poesia. La terra l’ha degnata
dell’eterno riposo, sebbene la defunta
dai gruppi letterari stesse ben distante.
E anche sulla tomba di meglio non c’è niente
di queste poche rime, d’un gufo e la bardana.
Estrai dalla borsa il tuo personale, passante,
e sulla sorte di Szymborska medita un istante.