L’elogio funebre non è molto diffuso nel nostro paese, ma in altre culture, come quella americana per esempio, è una parte fondamentale del rito funebre.
In realtà, questa pratica ha origini antichissime.
Sembra infatti che l’elogio funebre fosse già un elemento del funerale etrusco, ma il suo maggiore impiego si è avuto con i romani.
La “laudatio funebris” veniva fatta durante la cerimonia funebre dai parenti o da un esperto oratore in memoria di un defunto e aveva chiaramente l’intento di tessere l’elogio del defunto, encomiandone la figura ed esaltandone le azioni.
Al di là delle epoche e delle tipologie di rito, l’elogio rappresenta un bel modo per ricordare e omaggiare la persona scomparsa nel momento dell’ultimo saluto.
COS’È L’ELOGIO FUNEBRE
L’elogio funebre è il discorso commemorativo fatto durante il funerale per ricordare la persona scomparsa in modo più intimo e meno formale.
Un modo per onorare chi ci ha appena lasciato attraverso aneddoti e racconti di vita vissuta, in grado di trasmettere le qualità e le virtù del defunto.
Nel funerale cattolico è spesso sostituito dalle letture e dalle preghiere scelte dai familiari o amici più stretti; nel funerale laico, invece, l’elogio funebre rappresenta un momento centrale.
Per quanto non sia un momento necessario nella celebrazione del rito, possiamo però dire che l’elogio funebre può svolgere un ruolo consolatorio e di comunione fra i presenti che soffrono per la triste perdita.
Parlare del defunto, di ciò che ha rappresentato nelle nostre vite e di come le nostre vite saranno costrette ad adeguarsi alla sua assenza aiuterà sia chi lo fa che chi lo ascolta nella difficile fase dell’accettazione del lutto.
COME SCRIVERE UN ELOGIO FUNEBRE
Non esiste un canovaccio da seguire per scrivere l’elogio funebre. Ed è giusto che sia così.
L’omaggio è rivolto alla unicità e insostituibilità della persona che abbiamo perso ed è dunque su ciò che dovrà essere costruito l’intero discorso.
Possiamo solo provare a suggerire qualche piccola accortezza per non rischiare di perdersi nella preparazione dell’elogio.
Il SOGGETTO DEL DISCORSO NON È IL DOLORE CHE SI STA VIVENDO
Non sarà sicuramente facile mettere da parte il dolore che si sta vivendo, ma dobbiamo cercare di evitare di concentrare il discorso su di noi e su ciò che stiamo provando. Si dovrà quindi cercare di parlare del defunto, dell’importanza che ha rivestito nelle nostre vite, di piccoli gesti quotidiani ed eventi che lo rendevano speciale per noi.
ESSERE FEDELI AL RICORDO DELLA PERSONA DEFUNTA
Bisogna evitare di essere troppo generici e retorici, cercando di riportare un’immagine quanto più fedele alla personalità del defunto.
Raccontare episodi di vita solitamente è il modo più facile per trasmettere il valore di chi ci ha lasciato.
Incentrare il discorso sulla persona che stiamo commemorando consentirà a tutti quelli che lo conoscevano di riconoscerla e ritrovarla nelle nostre parole, costruendo così un ultimo ricordo della persona scomparsa quanto più autentico e sincero.
Si può anche accennare a qualche difetto in modo da rendere ancora più vero e sentito il discorso.
NON UN SOLO TONO, MA IL TONO GIUSTO
Non ci si deve preoccupare di mantenere un tono formale oppure da oratore impeccabile. L’elogio funebre deve far commuovere, unire nel dolore della perdita, quindi si deve evitare tutto quello che risulta o può risultare artificioso.
Se il defunto, ad esempio, era conosciuto per essere una persona molto ironica, niente vieta che anche il tono del discorso possa ricalcare questo tratto, omaggiando così anche l’individualità di chi ci ha lasciato.
ESEMPI DI ELOGI FUNEBRI CELEBRI
Laudatio di Catullo al fratello morto:
“Condotto attraverso molte genti e molti mari
giungo a questi infelici riti funebri, fratello,
per donarti l’ultimo omaggio di morte
e invano parlare alla muta cenere.
Giacché il destino mi condusse lontano da te.
Ohimé sfortunato fratello ingiustamente strappatomi,
pure, nel frattempo, secondo l’antico uso dei padri
che tramandarono il triste tributo alle ombre,
ora accetta questo così bagnato dal fraterno pianto,
e per sempre, fratello, ti saluto e addio.”
Orazione di Alberto Moravia ai funerali di Pierpaolo Pasolini:
“Poi abbiamo perduto anche il simile. Cosa intendo per simile: intendo che lui ha fatto delle cose, si è allineato nella nostra cultura, accanto ai nostri maggiori scrittori, ai nostri maggiori registi.
In questo era simile, cioè era un elemento prezioso di qualsiasi società.
Qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini tra le sue file.
Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo.
Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta.
Il poeta dovrebbe esser sacro.“
Il sonetto composto e recitato ai funerali di Alberto Sordi da Gigi Proietti:
Io so’ sicuro che nun sei arrivato ancora da San Pietro in ginocchione,
a mezza strada te sarai fermato a guarda’ sta fiumana de persone.
Te rendi conto sì ch’hai combinato,
questo è amore sincero, è commozione,
rimprovero perché te ne sei annato,
rispetto vero tutto pe’ Albertone.
Starai dicenno: ma che state a fa’,
ve vedo tutti tristi nel dolore
e c’hai ragione,
tutta la città sbrilluccica de lacrime e ricordi
‘che tu non sei sortanto un granne attore,
tu sei tanto di più, sei Alberto Sordi
Discorso di Alberto Angela al funerale del padre:
“Non è facile per me questo discorso, di solito vado a braccio ma ora per me è differente parlare in pubblico. Per me oggi è difficile perché le persone che amiamo non dovrebbero lasciarci. Ma accade. Parto dall’ultima cosa che ha fatto papà: quel comunicato che tutti avete letto. É stato il suo ultimo discorso, detto con poche forze, che poi abbiamo trascritto. Non è un discorso ufficiale, ma è come quello detto da un amico a fine serata, e poi se ne va. Si è rivolto a tutti, al suo pubblico, a chi lo ha amato. Lui è stato una persona che riuscito ad unire e non a dividere, pur mantenendo le sue opinioni anche in modo ferreo. Ma è riuscito a metterle in modo tale per cui tutti erano d’accordo. É stata una sua grande capacità.
La cosa bella che ha colpito noi, la nostra famiglia, me come figlio, è stato il ritorno sotto forma di messaggi e gli articoli. Dovrò ringraziare tutti. Messaggi non pieni di dolore, sofferenza o emozioni, ma pieni di amore che è un sentimento. Ho notato solo questo, e ne sono rimasto colpito non solo per la quantità ma per la qualità. Perché il sentimento resta e poi diventa un valore. È qualcosa che rimane, i valori sono eterni, e credo che sia il miglior vestito per mio papà e il viaggio che fa.
L’ultimo insegnamento mio padre me l’ha fatto non con le parole ma con l’esempio, mi ha insegnato in questi giorni a non aver paura della morte: la più grande paura dell’essere umano lui l’ha attraversata con una serenità che mi ha colpito”. “C’è un aforisma che amava ripetere. È un aforisma di Leonardo da Vinci che dice: ‘Siccome una giornata ben spesa dà lieto dormire così una vita ben usata dà lieto morire’. Ho avuto la sensazione di avere in casa Leonardo Da Vinci che dava la risposta giusta sempre con una capacità di sintesi e analisi in modo pacato.
Per me continuerà a vivere attraverso i libri, le trasmissioni, i dischi jazz, ma anche in tutti quei ragazzi che hanno speranza nel futuro e cercano l’eccellenza, nei ricercatori che cercano di andare a meta nonostante tutte le difficoltà, in tutte le persone che cercano di unire e non di disunire, nelle persone che cercano la curiosità e le bellezze della natura, quelle che cercano di assaporare la vita. Era importante per lui avere una vita colma, amare la vita, da torinese sembrava riservato ma dentro aveva un fuoco.
L’eredità che lascia a tutti noi è importante, ed è un’eredità non fisica o di lavoro, ma di atteggiamento nella vita: quello che ci ha detto come ultima cosa è stato ‘Anche voi fate la vostra parte’. E io cercherò di fare la mia”